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Intervista al maestro – parte 3

Lei sa che talora atleti fortissimi muoiono prima delle persone comuni. Gli atleti lavorano oltre i limiti e poi non sanno come recuperare. Non sanno come rendere umide le parti secche (secondo la terminologia ayurvedica). Quando faccio le posizioni indietro, lavoro più nell’area della colonna dorsale che in quella lombare o cervicale, perché la secchezza è solo lì. Quando faccio le posizioni indietro io mi sento completamente secco e strofino quella zona con le mani.

Questo mi sta insegnando l’età: la vita si sta ritirando e mi avverte di stare attento. Non bisogna permettere a nessuna parte di rimanere più asciutta di quanto sia ora, bisogna mantenerla umida, bisogna cioè ridarle energia e non permettere che si ritiri ulteriormente. Ecco ciò che sto imparando anche a questa età. Ho chiesto ai miei allievi che sono medici di darmi la spiegazione della vecchiaia in termini diversi dalla contrazione dei muscoli: nessuno ha la spiegazione.

Parlano di accorciamento dei muscoli che stringono le giunture e provocano rigidezza. Nessun medico ha mai parlato della secchezza nello sterno. Il mio corpo, poiché è stato allenato per sessant’anni, ha maturato una sua propria sensibilità e una sua propria intelligenza: ora, a quest’età, mi dice che perfino la parte più solida, la vita nello sterno, sta diminuendo e si sta seccando e mi avverte di stare attento. Così devo fare più attenzione per mantenere il mio sterno umido. Chi sarà in grado di capire tutto ciò, secondo lei? Faccio espandere il Sé nello sterno per fermare questo processo.

Sappia che questo succede solo con le posizioni indietro e non con le altre asana e ciò è rimasto per me un mistero, un enigma. Nella vecchiaia, sebbene la vita continui, lo sterno diventa sempre più corto. L’area intorno allo sterno diminuisce e questo è il problema che gli anziani devono affrontare per non farsi prendere dalla paura. Se la gente mi considera un ginnasta, è colpa loro. Ed è anche sbagliato dire che io sono capace difare le asana perché ho cominciato a far pratica da giovane. A questo punto, ad un’etàavanzata, ci vuole una nuova comprensione, una nuova intuizione e un nuovo coraggio. La gente dovrebbe vedere nella pratica l’onesta, l’integrità e la dedizione; dovrebbero vedere il mio amore per lo yoga e il modo in cui lo vivo.

Una volta l’ho sentita dire che un tempo lei faceva pratica per poterla insegnare ed oggi la fa per se stesso.

Se devo insegnare devo essere estroverso; se sono introverso non posso insegnare. Il tempo che dedico alla pratica è finalizzato in gran parte all’arte dell’insegnamento. Come lei sa, quando io ero giovane l’insegnamento dello yoga non era diffuso ed io ho dovuto fare pratica soprattutto per presentare quest’arte in pubblico. Nella presentazione si deve avere rispetto del pubblico e mostrargli quello che non sa. Per far questo bisogna essere estroversi: sapersi mostrare in pubblico e al tempo stesso insegnare. Così, per essere estroversi, bisogna creare bellezza nel corpo interiore. Le mie dimostrazioni diventavano più attraenti quando io mi presentavo non solo fisicamente ma anche intellettualmente ed emotivamente. Ogni fibra, ogni muscolo, ogni cellula esprimevano l’asana: molti di voi non riescono a presentare le asana in quel modo. Ero capace di mostrare artisticamente ogni asana e renderla al tempo stesso espressiva. Usavo tutta la mia cura per rendere il più possibile attraente una materia così arida. Questo tipo di dimostrazione pubblica ha attratto milioni di persone che ora praticano lo yoga, e di questo sono grato a tutti loro. Dei miei sforzi di settant’anni, quello che ho ricavato non è importante, ma quello che lo yoga ha dato alle masse è il grande successo della mia vita.

Lo yoga non è stato dato da me, ma per mezzo di me. Potete ben notare che enorme diffusione abbia avuto. Per fare un esempio, nel 1989 sono stato invitato dal ministro della sanità a visitare la Russia per introdurre una materia fino ad allora sconosciuta: oggi in Russia esistono 22 centri. Così tanto si e’ diffuso. Penso che la mia pratica abbia aperto gli occhi alle masse. Sono certo che anche se io non me ne sono avvantaggiato, la grazia di Dio è ricaduta sui miei allievi che ne hanno tratto e ne stanno traendo beneficio. Io ho dovuto lottare nello yoga dall’A alla Z, ma i miei allievi non devono lottare dall’A alla Z: e questo sarebbe bene che tutti i miei allievi se lo ricordassero! Ci saranno comunque gli effetti e i benefici dello yoga anche se solo una frazione minima della mia pratica viene trasmessa con l’insegnamento. In questo periodo io insegno meno perché voglio che i miei allievi crescano. Non voglio che lo yoga che ho praticato e che continuo a praticare muoia con me, cosa che accade spesso a molta gente importante che non permette ai suoi allievi più appassionati di crescere. Se io sono il tronco, i miei studenti sono i rami e devono essere mantenuti in una condizione equilibrata, tranquilla e ordinata. Per questa ragione do la possibilità a tutti i giovani di ogni parte del mondo di progredire nello yoga.

Questo e lo stadio della vita in cui io smetto di utilizzare i sensi della percezione diretti verso l’esterno (come ho fatto in tutti questi anni per l’’arte dell’insegnare) e li utilizzo per guardare una cosa molto più bella: l’interno. (Uso la parola “bellezza” perchè l’occidente è molto attratto da questa parola.) Questo è il motivo per cui voglio dimostrare che la bellezza dovrebbe risplendere dall’interno in modo che gli altri possano vedere e sentire chi ce l’ha e chi no. Ecco quello che lo yoga insegna agli studenti. Guidato da questo principio io lavoro sempre di più per scoprire se posso ulteriormente affinarmi per diventare ancora più sensibile. Non voglio morire come uno che non pratica più, come hanno fatto molti yogi. Probabilmente non sono riusciti ad affrontare le difficolta dovute alla vecchiaia e non hanno avuto il coraggio di accettare la verità. Dicevano di aver raggiunto un certo livello spirituale per rimediare alla debolezza, ma lo dicevano per salvare l’onore. Io voglio essere onesto con il mio sadhana (pratica) e la mia coscienza è il mio sadhana.

lo non sono un’anima liberata. Io so per esperienza che cosa è la libertà, e quali sono le sue qualità. Io non penso alla liberazione mentre faccio pratica. La mia mente indaga su che cosa ancora lo yoga possa rivelare nella pratica. La mia mente è ancora aperta e per questo ora guardo le asana come un osservatore. Non sto più cercando. Come un osservatore io guardo da osservatore. Perciò sto praticando yoga per quella conoscenza che non ho ancora afferrato ma the potrei afferrare nella prossima vita. Pratico ancora perché quella luce, che potrebbe non venire ora, possa venire all’ultimo momento. L’illuminazione può venire più tardi nella mia pratica: quell’illuminazione che lei può chiamare egoista, ma che io non chiamo egoista. Al contrario, io dico che se ricevo l’illuminazione, nella prossima vita potrei ricominciare da dove sono arrivato in questa. Se ci fosse una interruzione di pratica di dieci anni, non potrei sapere se ricomincio da questo punto nella prossima vita, perché avrei preso coscienza di un sacco di altre cose. Se invece continuo a praticare lo yoga la mia coscienza sarà più vicina allo yoga, anche nella prossima vita; ma se ci sarà un intervallo di dieci o di quindici anni, la mia coscienza non sarà più in contatto con lo yoga.

Perché e si dice che tutti devono avere degli hobby? II mio hobby è lo yoga, la mia professione è lo yoga. Avere un hobby significa essere occupato in un’attività non professionale per evitare la monotonia. Per questo ho trasformato il mio yoga professionale in un hobby, per scoprire quanto ancora posso far gioire il mio cuore. Per me lo yoga non è una pratica monotona: nello yoga trovo tutto, perciò continuo a praticarlo con amore.