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Intervista al maestro

INTERVISTA CON B.K.S. IYENGAR
di Gabriella Giubilaro
pubblicata in Yogadhârâ, da The Light on Yoga Research Trust, Mumbai.
Gennaio 1998, Puna

La gente la guarda e l’ammira: all’età di ottant’anni ancora in piena salute, ricco di vitalità, di forza e di spirito. Questo è un chiaro segno di come abbia influito su di lei lo yoga. Potrebbe dirci qualcosa sulla differenza che c’è stata nella sua pratica da quando aveva trenta, poi quaranta, poi cinquant’anni e cosi via fino ad oggi?

Come lei sa, la pratica si evolve di pari passo con l’affinamento che si compie sul proprio corpo e al tempo stesso sulla propria mente. Questo processo di affinamento intellettuale ha sviluppato una grande capacità di intuizione sia per comprendere che per praticare lo yoga con una prospettiva completamente diversa. Da questo stadio in poi il corpo interiore e la mente interiore sono diventati più attivi, più tonificati e più raffinati di prima. All’età di trenta, quaranta e cinquant’anni cercavo e ricercavo, attraverso la mia pratica, di trovare i punti e le connessioni mancanti per le attività cognitive nelle asana come pure nei movimenti del corpo e nel respiro. Studiavo i punti di tenuta mancanti, valutando ogni volta le tensioni giuste e confrontandole con quelle sbagliate e viceversa. Era come avere un corpo fluttuante in una mente fluttuante. Per anni sono andato avanti così: qualche volta sono riuscito a raggiungere la completa assenza di tensione. Ho talmente sviluppato questa capacità di osservazione da rendere più acuta la mia intelligenza.

Lo studio delle asana e del pranayama, per diventare un perfetto sadhaka (praticante), non mi è stato spiegato né insegnato da nessuno. Ho dovuto studiare la definizione di asana, il movimento dell’inspirazione e dell’espirazione, come anche le fluttuazioni e le oscillazioni. Il corpo ha i propri meccanismi così come la mente ha i suoi. Il corpo ha la sua propria intelligenza. Ho dovuto far emergere questa intelligenza nascosta perché la mente potesse concentrarsi su di essa. E’ quello che si può chiamare il linguaggio corpo-mente, anche se non credo che questa sia la terminologia più adatta da usare per l’intelligenza corporea. Il linguaggio corporeo è un’espressione esteriore, mentre il linguaggio della mente è un’espressione interiore. L’intelligenza del corpo interagisce con l’intelligenza della mente e con l’intelletto. Questo e’ un fenomeno non conosciuto, che può capire solo chi pratica lo yoga. C’è una grande differenza fra il linguaggio corporeo e l’intelligenza corporea. Il linguaggio corporeo può esprimere un fallimento o un successo: questo linguaggio e’ quello che usavo nelle mie presentazioni al pubblico. Il linguaggio del corpo è una sorta di esibizionismo o di spettacolo. Quando facevo dimostrazioni pubbliche lo usavo per far esprimere ogni singola parte del corpocome un’entità individuale.

E’ ciò che chiamiamo linguaggio corporeo e che si potrebbe anche definire esibizione dell’ego del corpo. Dopo aver espresso l’ego del corpo, continuavo a sentire che c’era qualcosa di più del culto o del linguaggio corporeo e questo qualcosa era la qualità mentale del corpo, che io chiamo la sua espressione psicologica. Non so se esistano termini per definire questo concetto, che è sicuramente difficile da spiegare. Il contenuto – mente, ego, intelligenza e Sé – così come il contenitore – il corpo -devono lavorare all’unisono in maniera che sia il contenuto che il contenitore possano esprimersi insieme.

Tutti sanno che il corpo è materia. La nostra scienza antica afferma che anche la mente è materia. Se il corpo è materia grezza, la mente è materia sottile: si potrebbe dire che la mente è materia fine. Mi è occorso molto tempo per rendermi conto nella pratica di queste differenze nella materia. E’ molto semplice parlare di queste cose ma è molto difficile metterle in pratica momento per momento in sadhana (pratica). Queste differenze si evidenziano dopo che si è raggiunto la completa assenza di tensione nelle asana. Oggi io posso affermare che la mia maturità fisica, mentale ed intellettuale sono tutte allo stesso livello quando faccio asana, pranayama e dhyana. Anche se sono intellettualmente maturo, ma il mio corpo non risponde e non mi manda messaggi per dirmi dove lavoro bene o male nella posizione, allora dico che non c’e’ intelligenza corporea e non c’e’ armonia. Ma quando ciò scaturisce dall’intelligenza del corpo e dall’intelligenza dell’intelletto, allora dico che quella persona ha raggiunto l’armonia nel fare e nel sentire.

I due incidenti di motorino che ho avuto nel 1979 hanno limitato i miei movimenti. Probabilmente se non avessi avuto tali incidenti sarei riuscito a raggiungere il corpo interiore – e sottolineo l’uso di questo termine – molto più nel profondo con facilità e tranquillità. Per me il corpo interiore è il luogo dove finisce il corpo fisico-psicologico e dove comincia il corpo mentale. Riesco a percepire con grande facilità il mio corpo organico, ma al di là del corpo organico c’è uno spazio vuoto all’interno del corpo e penetrare in questo spazio vuoto richiede in realtà non solo una disciplina rigorosissima, ma anche grandissima attenzione e capacità di osservazione. Mentre uno si osserva deve continuamente riflettere e riaggiustarsi, in maniera che ciascun aggiustamento non disturbi le parti del corpo che già sono in uno stato cosciente di assenza di tensione.

Probabilmente senza quegli incidenti avrei fatto più progressi, ma il destino interviene a intralciare anche i propositi più fermi e le pratiche più determinate, cercando di far desistere le persone da compiere ulteriori sforzi. Il destino mi aveva quasi fatto abbandonare la pratica perché i movimenti erano molto dolorosi, ma grazie alla mia grande forza di volontà non mi sono arreso. Dopo gli incidenti ho dovuto ricominciare da capo, come un semplice principiante e mettermi di nuovo a seguire lo yoga con perseveranza: il mio corpo interiore era dolorante, ma la volontà mi spronava a lavorare per far uscire dalla debolezza le parti del corpo che erano state lesionate. Anche a ottantun’anni, posso affermare con sicurezza che sto dando il meglio. Proprio ora lei ha detto che mi conservo molto bene. La capacità di conservare il benessere della mia gioventù deriva decisamente dal livello fisico che ho esercitato con grande intensità. Oggi il mio benessere non è solo a livello fisico, ma anche a livello mentale ed intellettuale. Naturalmente il primo a decadere è il corpo; la materia e il corpo grezzo decadono prima del corpo più fine. Quando il corpo grezzo decade ulteriormente la mente si ritira. Per mantenere la mente in buono stato occorre tonificare il corpo fisico e fargli esprimere tutte le vibrazioni dinamiche latenti nelle sue cellule, facendo attenzione ad ogni sua singola fibra. C’è un senso di benessere nella forza vitale dell’uomo.